ECUADOR, Pollice in sù verso il Perù - 2°p.
DIARIO DI BORDO 2.
Manta - La Manà
Ci risvegliamo dopo una notte disturbata da rumori molesti di ogni tipo nella bettola della periferia di Manta nella quale abbiamo alloggiato. Il bagno è ormai diventato una piscina per via della mancanza di una paratia del box doccia, in concomitanza con il doccione che getta acqua congelata da tutte le parti tranne che dove dovrebbe.
Il secondo obiettivo intermedio è arrivare per sera alle Ande, in mezzo alle quali passa la Panamericana. La distanza sembra siderale sulla mappa, ma confidiamo sul nostro solito flusso cosmico che ieri ci ha portato ben oltre la destinazione che avevamo stabilito.
La zona nella quale incominciamo il nostro cammino non è delle migliori per fare autostop; le città sono sempre più complicate da lasciare, anche se paradossalmente ci sono molte più automobili. Usciamo dal centro abitato praticamente a piedi, allietandoci l'attesa del primo strappo abbaiando canzonacce italiane care ai nostri avi, prima che due lavoratori della zona ci diano un passaggio per qualche km più in là. Non è il massimo ma bisognava rompere il ghiaccio.
Dopo aver aspettato quasi dieci minuti, ci aiutano tre ragazzi che a bordo del loro pick-up ci accompagnano fino a Porto Viejo. Data la grandezza della città ci ritroviamo al punto di partenza e, dopo un lungo conciliabolo tra una persona irriducibile che avrebbe aspettato tutta la mattina pur di non prendere un autobus e una più saggia che non sopportava di rimanere in un centro abitato un minuto di più, prevale la linea più logica, aiutata dall'inaspettata vicinanza del terminal terrestre.
(Non dico chi fosse l'irriducibile né il saggio ma a volte niente è come sembra)
Desistiamo così per questa tappa a echar dedo e ci affidiamo a un trasporte che con 45 $/cent ci porta fino a Calderon, pueblito nel quale ci concediamo un encebollado a metà fra colazione e pranzo, prima di trovare una famiglia diretta a San Placido, villaggio situato 20 km più a est sulla nostra rotta.
San Placido diventa una sorta di imbuto per il nostro cammino. Si tratta infatti di un pueblo minuscolo al quale tutti i mezzi di trasporto sembrano arrivare per poi tornare indietro.
Perdiamo oltre due ore alla stazione di servizio del luogo, trovando quasi prevalentemente automobili che vanno nella direzione opposta alla nostra, fino a quando convinco un lavoratore che si ferma per fare rifornimento, e che va dalla nostra parte, ad accompagnarci fino a dove sia diretto lui, pur di sbloccare la situazione. L'uomo accetta controvoglia e non capisce fino in fondo il fatto che si possa viaggiare in maniera alternativa, ripetendomi per tre volte perché non possiamo aspettare un comodo autobus piuttosto che far compagnia ai pezzi di un letto mangiati dalle tarme sul cassone posteriore.
Gli spiego che il nostro modo di viaggiare è per risparmiare denaro confidando sulle persone che fanno il nostro percorso a prescindere da noi, ma alla fine dice di sì pur di non starmi più a sentire.
Grazie a questo passaggio, oltrepassiamo una zona montuosa splendida su una strada che porta fino a San Miguel, l'ennesimo villaggio che non è neppure menzionato sulla mappa.
Oggi bisogna accontentarsi di andare a rilento, dato che la fluidità di ieri sembra impossibile da ripetere.
E' solo una sensazione apparente però; bisogna pazientare e aspettare il colpo di fortuna giusto, nonostante siano quasi le 3 del pomeriggio e ci troviamo lontanissimi dalle Ande.
Dopo che la camionetta ci lascia in una zona isolata all'ingresso del paesino, fermiamo un furgoncino di due commercianti diretti a La Manà. Non ci sembra vero quando ci dicono che ci porteranno fino a lì. In un colpo solo potremo coprire così tutto il tragitto per arrivare quasi sulle Ande, dato che la città di La Manà è situata a qualche ora dalla Panamericana che percorre tutto il paese da nord a sud. Pensiamo che per oggi i colpi di fortuna siano abbastanza, almeno fino a quando Gonzalo e Richard, i due venditori con i quali da subito si instaura una buona conversazione, ci dicono che faranno una sosta di una notte nella città per poi ripartire verso Machala il giorno dopo. Machala è un capoluogo a un'ora dal confine peruviano dove siamo diretti e i due ci invitano a viaggiare con loro fino a destinazione. Di fatto abbiamo trovato due sagome che ci garantiranno di arrivare nei pressi del Perù già domani, senza lo sforzo di dover cercare ulteriori passaggi per uscire da La Manà. Arriviamo dunque nella cittadina dopo quattro ore di viaggio tra coltivazioni immense di cacao, pueblitos di montagna e carretteras de primera, indice del buon lavoro che sta facendo il governo Correa, almeno secondo i due simpatici venditori.
La cittadina è molto in stile vecchio west, con una strada principale ai lati della quale si ammirano ancora edifici rimasti all'età coloniale, oltre alle montagne sullo sfondo. Troviamo un alloggio economico dove sistemarci in un attimo, grazie ai nostri due accompagnatori che si congedano dandoci appuntamento all'indomani mattina e che ricompaiono pochi minuti dopo per invitarci a cena. Ridiamo della nostra fortuna sfacciata e del fatto che quando ci si abbandona alla corrente e si accetta qualsiasi cosa succeda, il più delle volte la realtà supera l'aspettativa, fondamentalmente perché si è liberi dalla sua pressione. E domani sera potremmo già essere in Perù.
Ottimo lavoro Jago!
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