ECUADOR, Pollice in sù verso il Perù - 1°p.
L'obiettivo è uno solo: arrivare in Perù.
Da quando io e Fabiana siamo partiti cinque mesi fa, la nostra destinazione finale era arrivare nella terra degli Inca, ma arrivarci a modo nostro e quindi senza aerei e senza privilegi.
Da Caracas in poi abbiamo evitato del tutto i voli, affidandoci ai non sempre efficaci trasporti locali, che però nonostante tutto ci hanno portato fino all'Ecuador. Una volta arrivati a Esmeraldas, per mettere ulteriore sale all'avventura, abbiamo deciso di provare a giungere a Mancora, nella parte nord dello stato peruviano, semplicemente alzando il pollice e lasciandoci trasportare dalla corrente, oltre che da chi si fosse dimostrato disponibile a darci un passaggio verso la nostra destinazione.
Questo diario di bordo è una piccola cronaca di tutti i nostri spostamenti e gli accadimenti di quattro giorni di autostop in paesi dove il senso di comunità tra le persone è ancora fortunatamente molto radicato.
DIARIO DI BORDO 1.
La sveglia suona molto presto di mattina quando si vuole sfruttare tutta la luce disponibile per viaggiare pollice all'insù. Salutiamo Clemente, Sonia e Henry e, dopo una sosta veloce per un caffè, prendiamo il primo autobus che porta dalle parti del terminal, zona di passaggio per tutti i lavoratori in pick-up in uscita da Esmeraldas. Cinque minuti di attesa alla gasolinera sono sufficienti per ottenere il primo strappo fino a Tonsupa, pueblo situato dalle parti di Atacames. La prima persona che ci aiuta nella nostra impresa è anche quella che ci lascia più a bocca aperta quando arriviamo alla sua destinazione. Dopo avergli spiegato la nostra intenzione di raggiungere il Perù echando dedo, l'uomo sponsorizza la nostra avventura insistendo per lasciarci 2 dollari a testa in caso di necessità. Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà una splendida giornata pues.
Da Tonsupa, quasi senza aspettare un minuto, ci imbattiamo in un ingegnere che ci accompagna fino a Same, dove incontriamo l'ennesimo pick-up di quattro ragazzi che ci lasciano a El Salto, un villaggio minuscolo all'angolo tra la Ruta del Sol e la strada che porta verso l'Oceano.
A El Salto ci tocca un pò di attesa (anche perché così tanto fluido non ce l'aspettavamo neppure noi), dato che le auto che vogliono accompagnarci sono solo taxi abusivi. A giungere in nostro soccorso arriva però un riparatore di frigoriferi, che con il suo camioncino ci trasporta fino a Sàlima.
Qui, dopo dieci minuti circa di attesa, si ferma un altro pick-up che ha già a bordo un'altra viaggiatrice, una punkabbestia di nome Diana che viene da Bogotà e che viaggia fino a Montanita, dove la aspettano alcuni amici che con lei formano una band musicale. Insieme a lei arriviamo a Chamanga e sempre con lei proseguiamo fino a Chindul, un villaggio di poche anime con una quebrada in stile Gran Sabana venezuelana, nei pressi della quale ci concediamo un economico e abbondante pranzo, grazie all'uomo che ci ha accompagnati su un camion che utilizzava per il trasporto dei cavalli.
In una mattinata di pollice recto abbiamo percorso poco più di 100 km e ne mancano ancora 150 circa, prima di raggiungere San Vicente, tappa nella quale lasceremo la costa per raggiungere la Panamericana che attraversa la Cordigliera delle Ande.
Complice una breve sosta alla quebrada adiacente alla strada principale, passa più di mezz'ora prima del nuovo passaggio, vale a dire una camionetta che trasporta passeggeri fino a Pedernales, ultima cittadina costiera che rimane aldiquà dell'equatore. Ci affianca un uomo che scende dalla camionetta e al quale spieghiamo che viaggiamo a costo zero; dopo aver confabulato un attimo con l'autista, pur di accontentarci paga per noi il costo seppur irrisorio della corsa.
Durante il tragitto, caratterizzato da un vento fortissimo, l'autista recupera sulla strada un motociclista e la sua moto in panne, che viene a farci compagnia sul cassone già colmo di gente. Arrivati a Pedernales, facciamo una visita veloce alla spiaggia del posto, dove ci promettiamo di tornare se e quando ripasseremo da queste parti.
Il tempo scorre veloce e nonostante non ci siamo fermati un attimo se non per mangiare, abbiamo ancora un pò di strada da percorrere prima di arrivare alla nostra tappa intermedia prestabilita.
Appena immessi sulla strada principale, si fermano due ragazzi dalle sembianze parecchio meridionali e dai gusti musicali quasi del tutto tendenti al reggaeton. I due ci accompagnano nei pressi di Jama praticamente senza rivolgerci la parola, ma in compenso attraversiamo finalmente l'equatore e arriviamo per la prima volta, almeno per quello che mi riguarda, nell'altra metà del mondo.
Dopo aver rifiutato un passaggio a pagamento da un taxi abusivo, arrivano in nostro aiuto un padre e un figlio a bordo del loro pick-up diretti a Manta, città a tre ore di distanza da dove ci troviamo e situata ben aldilà del nostro arrivo giornaliero. Dopo un lungo viaggio sul retro del veicolo a far compagnia a due termos di pesce surgelato arriviamo dunque a destinazione, sistemandoci per la notte in una bettola di periferia.
Bilancio del primo giorno: oltre 400 km percorsi senza spendere praticamente nulla per viaggiare e il Perù che si avvicina sensibilmente.
Ottimo lavoro Jago!
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