VENEZUELA, Marea roja en Caracas
Il mio battesimo con il centro città di Caracas non poteva avvenire in un giorno più storico di quello della chiusura della campagna elettorale socialista. L'ELAM nella quale siamo ospiti, e che funge da nostro quartiere generale, è del resto uno dei simboli più luminosi della politica di Hugo Chavez, che ha fortemente voluto questa università di medicina per dare la possibilità ai paesi più svantaggiati di formare medici che aiutassero le loro comunità. Da queste parti la morte del Comandante è stata un brutto colpo non ancora del tutto assimilato che ha canalizzato completamente le energie sul sostegno al candidato chavista Nicolas Maduro. Maduro non è Chavez, è abbastanza evidente, ma parla con il cuore e con il sentimento di chi non vuole deludere colui che lo ha designato come il suo successore. Per l'ultimo giorno della campagna elettorale ci si aspetta il pienone a Caracas, come hanno già testimoniato le varie tappe di Maduro in giro per il paese, che registravano puntualmente il tutto esaurito. Partiamo insieme a una delegazione di studenti con un autobus che ci accompagna fino al capolinea del Metro Cable, una funicolare che collega le montagne dei barrios alle linee della metropolitana. Un altro dei regali di Chavez ai più poveri, che senza la seggiovia impiegavano ore per raggiungere le zone nevralgiche di Caracas. Quando arriviamo alla metro l'atmosfera è quella tipica da finale di Champions League. Cori da stadio per tutti i gusti, bandiere venezuelane a forma di cuore dipinte sui volti di molte persone, chioschi di souvenir di Chavez e una marea umana della quale non si vede né l'inizio né la fine. Immaginavo un grande trasporto della gente, ma le proporzioni vanno oltre ogni tipo di immaginazione. Ogni piazza principale di Caracas ha un palco dal quale si inneggia a Maduro con canzoni di ogni genere e la folla scatenata sembra non curarsi minimamente del solleone che picchia incessantemente sulle teste di tutti. L'ultima volta che ho visto una marea umana di queste proporzioni era a uno Street Parade in Svizzera, motivi ben differenti. Non voglio obbligatoriamente criticare il mio paese ma se avessimo in Italia lo stesso attaccamento per la politica forse non dovrei più sopportare la gente da questa parte dell'Oceano che associa ancora l'Italia a Berlusconi. L'attesa della star di punta è attenuata con balli e canti a ogni angolo della strada che ci porta verso l'Avenida principale, in fondo alla quale è stato costruito il palco dal quale Maduro parlerà alla nazione fino a sera tarda. Come è andata a finire è noto. A dispetto di chi dava per scontata la vittoria socialista, il candidato del PSUV ha superato Capriles per una miseria come 200mila voti, scatenando le ire dell'opposizione che ha gridato al complotto per la riconferma della sinistra al governo, giurando di avere le prove che molte cartelle elettorali con il voto a favore del giovane sfidante non fossero state conteggiate in maniera chirurgica. Noi, forti dei consigli di chi ha già vissuto campagne elettorali in Venezuela, ci siamo allontanati da Caracas due giorni prima delle votazioni, optando per la più tranquilla San Felipe, nello stato del Yaracuy. Per una settimana il chiasso delle pentole e coperchi suonati alla finestra dai dissidenti in segno di protesta è arrivato fino a qui, mentre a Caracas i due schieramenti sono arrivati quasi a fronteggiarsi in piazza, scatenando la guerriglia in alcune zone della capitale. Alcune indiscrezioni davano addirittura per imminente un colpo di stato per ribaltare il governo di Maduro, ma dopo i primi giorni di tensione la calma sembra tornata nella vita dei venezuelani, anche se qui parlare di calma è sempre richiamare un po' la quiete prima della tempesta.
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